The Artist

Impossibile non infatuarsi delle ali e del profilo smagliante degli aerei di Francesco Magnanelli, nuovo sciamano futurista e “areobante” come l’iperboreo Abari di pitagorica e apollinea sapienza infuso. Non si tratta di semplici esercizi di abilità tecnica e figurativa ma di una vera e propria “metafisica dello stile”, dove la forma dà veramente essere alle cose e il limite è un volo che vela l’infinito del sogno. Francesco “inizia” noi profani ad un mondo trasfigurante e rigenerante dove il disegno attento e appassionato degli aerei prende corpo magicamente in una visione fulminea, mai reificante, ma viva ed emotivamente psicoagogica.

Magnanelli si rivela teurgo e mistagogo della genesi dell’immagine nella pura rappresentazione del fascino mitizzante del volo. L’Imago condensa carica affettiva e cura vissuta irradiando l’unità profonda di forma, idea e azione.

La tecnica torna storia e corpo nella malìa ipnotica del racconto. Eroico in quanto Eros inabita la visione.

 

Opere “mitogoniche”, scolpite nell’etere iperuranico di Aiòn, l’eterno presente!

 

Giacomo Maria Prati

Francesco Magnanelli, classe 1942, nel luglio 1944 salta sulle reti dei letti nella cantina-rifugio di Jesi durante un bombardamento e tenta di salire sul terrazzo all’ultimo piano per vedere lo “spettacolo”.

Passata la guerra la madre Carmelina gli mostra come disegnare con il gessetto su una lavagna; il padre Marcello negoziante, integra le merci da vendere per il Natale costruendo alcuni aerei giocattolo (Macchi 202) in legno verniciandoli in colore alluminio-verde e muso rosso ed insegne in carta lucida colorata.

Francesco disegna con i gessi sull’asfalto del terrazzo e con la carta carbone copia dalla “Gazzetta dello sport” le Ferrari delle Mille Miglia…

La zia Martina lo porta al mare: affascinato dal colore (verde? marrone?) delle onde prende le matite colorate (scatoletta “FILA Giotto n. 6 colori”), ma non riesce a riprodurlo e abbandona.

Marcello, appassionato di falegnameria e meccanica, porta Francesco all’aereoporto militare di Jesi dove assistono alla fragorosa messa in moto ed al decollo di un argenteo trimotore SM82 (trenta metri di ali, piuttosto grande per un bambino), mentre passa a volo radente il tuono di un aviogetto “panther” (US Navy) blu scuro, che sale in candela scomparendo sopra le nuvole!

Di ritorno da un campeggio scende dall’autobus a Treviso con un permesso per visitare la base aerea; un pilota lo fa arrampicare sui gradini a scomparsa fino al sedile di un caccia F86K ed assistere alla partenza: il rumore del post-bruciatore fa tremare il terreno!

Diplomato geometra, nel ‘62 va a lavorare a Milano in un’azienda di progettazione tecnica e lì vede un impiegato che lavora facendo grandi disegni a colori.

Su un giornale nota che la carrozzeria Bertone bandisce un concorso per il disegno di un’auto tipo ‘gt’; pur senza esperienza partecipa ed il suo disegno viene pubblicato definendolo “originale” sulla rivista “style auto”, insieme ad altri sette (su settecento).

Raccoglie i disegni fatti da ragazzo (auto ed aerei) e si presenta presso alcuni studi di architettura milanesi; alcuni lo richiamano.  Lavorando con architetti a Milano accumula esperienza di progettazione e design, dalla prefabbricazione edilizia all’arredo di grandi uffici e di yacht, oltre che urbanistica, e gli consente di coltivare la passione del disegno a colori quando prepara gli elaborati per la presentazione e pubblicazione dei progetti (per fare i rendering non c’erano i computer).

Conosce una ragazza del Vorarlberg (AUT) e vivono a Milano.

Hilde con il suo “Heim”, una cultura dell’ambiente di vita diversa da quella italiana, porta a Francesco un contributo integrativo nel suo lavoro.

Dopo venti anni passati a Milano si trasferiscono nelle Marche; qui l’attività lavorativa continua per altri venticinque anni e poi Francesco, immerso negli splendidi colori (e nei lavoretti giardino-agricoli) del dolce paesaggio collinare, può dedicare più tempo al disegno degli aerei.

The Story

”Why I propose airplanes”

 

Noi esseri umani preferiamo il bello al brutto

e siamo colpiti dagli spettacoli offerti dalla natura:

ammiriamo i ‘Marlon Brando’ e le ‘Monica Bellucci’, come ammiriamo un tramonto o una luna che si specchia nel mare.

Questa nostra ammirazione per creazioni della natura nasce nel nostro cervello che individua e preferisce l’armonia ed è una necessità per la riproduzione del genere umano.

Questa scelta dell’armonia è come un sistema operativo informatico del quale ci serviamo anche per le nostre creazioni, ad esempio come un dipinto dei Leonardo da vinci, una casa di Wright, una Lamborghini e quindi anche per progettare un aereo.

Progettare un aereo è un po’ come progettare una casa: stabilito il numero dei locali si tratta di comporli e questa composizione può risultare più o meno armonica se il progetto lo fa Wright o un non poeta.

Come nel progetto della casa, anche nel progetto di un aereo emergono le capacità creative e la sensibilità dei progettisti ed il risultato potrà essere più o meno armonico.

Il progetto di un aereo deve comporre le varie parti (motore, carburante, posto di pilotaggio, apparecchiature elettroniche, etc.) rispettando regole tecniche (ad es. la disposizione dei vari pesi), comprese le regole aerodinamiche.

Possiamo andare al museo dell’aereonautica militare italiana a Vigna di Valle. Certo osservando il Flyer dei fratelli Wright è improbabile provare senso di armonia, ma allora il problema primario era sollevarsi dal suolo mossi da un motorino: essenziale quindi progettare le ali ed i timoni mentre il resto doveva solo tenere insieme i pezzi.

Osservando poi la crescita dell’aereo negli anni risulta evidente il progressivo affinamento della costruzione che risulta sempre più armonica attraverso la soluzione dei problemi tecnici e costruttivi.

La scelta di illustrare aerei in serie particolari e spettacolari è tutto questo.

 

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